Presentata proposta di legge: Disposizioni per il riconoscimento della professione di mediatore linguistico-culturale.

Da Paese di emigrazione, negli ultimi 10-15 anni, l’Italia è diventata Paese di immigrazione, con flussi continui e diversificati a seconda delle alterne vicende geopolitiche, delle crisi congiunturali e degli accessi bellici. E’ da prevedere per il futuro, a breve e medio periodo, non solo una conferma di tale tendenza, ma una stabilizzazione di comunità intergenerazionali sempre più segmentate e ricche di componenti umane peculiari, ansiose di trovare un loro posto a pieno titolo nella società italiana.
Attualmente, gli immigrati in Italia sono circa 4.000.000 e la realtà migratoria è molto articolata (si contano almeno 130 diverse comunità culturali).
A seguito degli eventi migratori, quindi, c’è stato un crescente afflusso e uso dei servizi da parte di stranieri provenienti da vari continenti ma la risposta dei servizi e la preparazione degli operatori in materia di comunicazione interculturale e le loro competenze non si sono adeguate alla nuova domanda.
E’ pertanto urgente un ripensamento dei servizi, della loro organizzazione e delle modalità comunicative e informative, allo scopo di poter rispondere in maniera efficace ad una utenza multiculturale.
Servizi più attenti ai bisogni di specifici gruppi di popolazione, specialmente di gruppi più fragili e svantaggiati che facilmente restano esclusi dalla fruizione di diritti fondamentali quali il diritto alla salute, alla libertà, all’informazione, alla scuola, giocherebbero un ruolo fondamentale nella riduzione delle crescenti disuguaglianze tra le classi sociali cui si assiste oggi in Italia come in altri Paesi “ricchi” del mondo. La realizzazione di servizi più “flessibili”, pertanto, avrebbe ricadute positive su tutti gli utenti perché ciò comporta la reale assunzione culturale da parte delle organizzazioni e degli operatori che in esse lavorano, del concetto di “servizio per la persona tout court ” con un netto guadagno in termini di efficacia.
Si tratta, anche in Italia, di adottare logiche innovative, di valorizzare le risorse esistenti – i migranti – per favorirne l’inclusione nella società italiana e porli in condizione di contribuire alla ricchezza non solo economica ma anche culturale del Paese.
Già da tempo in altri Paesi europei, particolarmente in Francia, vengono impiegate stabilmente, all’interno dei servizi, figure professionali che fungono da “facilitatori” nella relazione tra istituzioni e utenza straniera.
In Italia, in alcune realtà più avanzate (Piemonte, Lombardia, Toscana, Emilia-Romagna, Lazio, Veneto, Marche eccetera) da più di un decennio i servizi si sono dotati di collaboratori stranieri adeguatamente formati che svolgono una attività di “mediazione interculturale”.
La mediazione linguistico-culturale (MLC) è uno strumento operativo a disposizione dei servizi per affrontare e gestire le tante difficoltà riscontrate nella relazione tra operatore e utente straniero, oltre che una strategia per facilitare il processo di integrazione dei “nuovi cittadini” in un’ottica di riconoscimento di diritti e di pari opportunità. Tale processo di integrazione presuppone:
1) l’uso da parte degli immigrati di servizi “comuni” a tutti i cittadini (pari opportunità);
2) il “riconoscimento” da parte del Paese di accoglienza delle specificità proprie degli immigrati (integrazione come “negoziazione” delle diversità).

Le finalità dell’intervento di mediazione sono:
1) l’integrazione, intesa come negoziazione delle differenze;
2) il potenziamento della qualità del servizio, a vantaggio di tutta la collettività, italiana e straniera;
3) la flessibilità e la varietà delle modalità di intervento in un’ottica di rispetto delle specificità;
4) l'” empowerment ” dell’utente straniero, quindi un graduale raggiungimento dell’autonomia nell’accesso e nell’uso dei servizi;
5) la realizzazione di una condizione di pari opportunità nel rispetto delle differenze per migliorare la qualità della convivenza.
L’intervento della MLC si situa su tre piani:
1) piano orientativo-informativo, rivolto contemporaneamente all’immigrato (e/o alla comunità etnica) e all’operatore;
2) piano linguistico-comunicativo e culturale, che si esplica attraverso attività di traduzione e interpretariato, tecniche di gestione e di prevenzione dei malintesi e dei conflitti, strategie mirate ad esplicitare l’implicito o il sommerso;
3) piano psico-sociale, attraverso un ruolo propositivo e di cooperazione all’interno dei servizi in cui si opera, attraverso azioni di cambiamento sociale per una migliore convivenza civile e attraverso attività di mediazione tra l’esistente e le nuove esigenze in ottica multiculturale.

Vinicio Peluffo