RAI, Peluffo (Pd): Frequenze digitali: dall’eventuale asta competitiva, più fondi per le pensioni

Di fronte ai sacrifici chiesti ai cittadini, bloccare la regalia delle frequenze televisive digitali a Rai e Mediaset, promessa dal precedente governo Berlusconi, è un dovere morale.
Non solo le frequenze sono un bene pubblico prezioso che permetterebbe di alleggerire la manovra di almeno due-tre miliardi di euro.

Ma se non bastasse, il disciplinare di gara del famigerato beauty contest (che assegna gratuitamente al concorrente con il punteggio più alto in una graduatoria di requisiti tecnici e commerciali sei cosiddetti multiplex, cioè sei super-frequenze digitali in grado di trasportare ciascuna fino a sei canali televisivi) fornendo punteggi più alti a chi è sul mercato da più anni o ha un certo numero di impianti sul territorio, è congegnato per avvantaggiare i soliti noti a discapito di editori emergenti e di grandi gruppi televisivi internazionali.

Insomma invece di aprire il mercato alla concorrenza, come ci aveva chiesto l’Europa, vi introduce altri elementi distorsivi, rafforzando il duopolio.

Non dimentichiamoci infatti come si è arrivati al beauty contest: tutto è partito da una procedura d’infrazione aperta nel 2006 dall’Unione Europea contro l’Italia per l’emanazione della legge Gasparri.

Secondo la Ue, infatti, la norma avrebbe ricreato nel mondo digitale l’anomalia del duopolio vigente nell’analogico.

Alla procedura d’infrazione l’Italia avrebbe potuto rispondere mettendo all’incanto le frequenze televisive liberate dal passaggio al digitale, come del resto, sempre su pressione di Bruxelles, ha fatto nei mesi scorsi con nove segnali destinati al mercato delle telecomunicazione. L’asta 4G, oltre al vantaggio dell’ammodernamento tecnologico della rete mobile, ha comportato un incasso per lo Stato di circa 4 miliardi di euro. Ma purtroppo , nel caso dei multiplex, sappiamo come l’opposizione di Mediaset ha indotto a imboccare la strada del beauty contest.

Così il Biscione, che si trova nella condizione più unica che rara di detenere il 63 per cento del mercato pubblicitario e pagare un canone di concessione (19 milioni di euro annui) tra i più bassi d’Europa, con il beauty contest riceverebbe in regalo uno dei due multiplex più pregiati (tanto per intenderci in un’eventuale gara, la base d’asta sarebbe di 300 milioni di euro) e tra cinque anni, volendo, potrebbe pure rivenderlo.

Quando Berlusconi dice che se oggi le frequenze televisive venissero battute all’asta, la gara andrebbe deserta, mente sapendo di mentire. Indiscrezioni giornalistiche rivelano un interessamento su più fronti internazionali. Desta, quindi, grande soddisfazione l’accoglimento da parte del governo Monti degli ordini del giorno, tra cui uno a firma Paolo Gentiloni, che lo impegnano ad annullare la falsa gara gratuita dei segnali tv e a indire una successiva asta “a titolo oneroso”: il Partito democratico vigilerà perché l’esecutivo tenga fede al proposito.

Con la valorizzazione delle frequenze digitali a vantaggio dei conti pubblici si potrebbe pensare all’alleggerimento della deindicizzazione delle pensioni. Così anche il concetto di rigore acquisterebbe più senso. Senza contare che la procedura d’infrazione contro l’Italia non è ancora stata chiusa.

On. Vinicio Peluffo, commissioni Attività produttive e Vigilanza Rai