Il mio intervento alla Camera sul ddl di riforma dell’editoria

Presidente, rappresentante del Governo, colleghi deputati, come ha appena ricordato il relatore, l’onorevole Rampi, il provvedimento è in terza lettura; ed io voglio da subito rivolgere un ringraziamento al relatore, alla Commissione cultura per il lavoro che ha svolto in questi giorni, in queste settimane, e per il lavoro che ha svolto fin dall’inizio, perché, come è stato ricordato in prima lettura, questo ramo del Parlamento ha svolto un lavoro di grande approfondimento, con le audizioni, il confronto con tutti i soggetti interessati alla discussione in Commissione, il lavoro emendativo. Il Senato ha confermato l’impianto di questo provvedimento di legge, ed è intervenuto su singoli aspetti che sono stati richiamati adesso dal relatore, e sono richiamati in maniera puntuale nella relazione scritta. Io, Presidente, vorrei sottolineare due aspetti su cui è intervenuto il Senato, che peraltro sono riportati anche nella modifica del titolo della legge, visto che vi è stata inserita la ridefinizione della disciplina del sostegno pubblico per il settore dell’editoria e dell’emittenza radiofonica e televisiva locale, riconoscendo il ruolo e l’importanza che hanno le TV locali in termini di contributo al pluralismo dell’informazione; e poi l’aggiunta, che è definita sempre nel titolo, della procedura per l’affidamento in concessione del servizio pubblico radiofonico televisivo e multimediale. Per quanto riguarda le TV locali, l’impianto della legge ne riconosce il ruolo, il contributo per quanto riguarda il pluralismo dell’informazione, il servizio di prossimità che svolgono nei territori. E per quanto riguarda il lavoro del Senato, all’articolo 1, in riferimento al Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione, è stato aggiunto che le somme non impegnate in ciascun esercizio possono esserlo in quello successivo: questo è un emendamento del relatore Cociancich. All’articolo 1, comma 4, dove è indicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che deve definire i requisiti soggettivi, i criteri e le modalità per la concessione dei finanziamenti previsti dal Fondo, è indicato che questo schema di decreto deve essere trasmesso alle Camere competenti per il parere. Così come mi sembra utile richiamare che, all’articolo 1, comma 4-bis, è indicato che, con un regolamento, sempre del Presidente del Consiglio dei ministri, sono stabiliti altresì i soggetti beneficiari, i requisiti di ammissione e le modalità, i termini e le procedure per l’erogazione di un contributo per il sostegno delle spese sostenute per l’utilizzo di servizi di telefonia e di connessione dati: quindi, questo sostituisce la precedente forma di agevolazione. All’articolo 2, sempre in riferimento alle TV, alle radio locali, è previsto che l’incentivazione fiscale degli investimenti pubblicitari incrementali sui quotidiani e periodici venga estesa anche alle emittenti televisive locali e radiofoniche, analogiche e digitali: questo è un emendamento che è stato presentato al Senato dal senatore Calderoli, su cui c’era il parere positivo del relatore e che è stato approvato. Sempre all’articolo 2, Presidente, vorrei mettere in evidenza una novità che è stata introdotta al Senato e segnalata dal relatore: si è prevista la riduzione del contributo per le imprese che superano, nel trattamento economico del personale, dei collaboratori e degli amministratori, il limite massimo retributivo di 240 mila euro annui; per la prima volta si fa riferimento, con tale previsione, ad un tetto retributivo, seppure non imposto, per le imprese private. Credo che questa sia una novità significativa, anche in termini di principio introdotto nell’ordinamento. All’articolo 6-bis, Presidente, invece c’è l’intervento introdotto dal Senato che riguarda il secondo aspetto di novità che voglio mettere in evidenza; questo è un articolo inserito interamente con un emendamento del relatore in Commissione, e fa riferimento alla procedura per l’affidamento in concessione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale. In pratica, Presidente, si tratta di un inserimento nel Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, il decreto legislativo n. 177 del 2005: il primo inserimento è il comma 1-bis, che indica che l’affidamento in concessione del servizio pubblico ha durata decennale; è giusto ricordare che finora la concessione di servizio pubblico aveva una durata ventennale, quindi da questo punto di vista c’è una prima novità di rilievo. Si fa riferimento anche al fatto che tale affidamento in concessione deve essere preceduto da una consultazione pubblica: questa è prevista dalla legge n. 220 del 2015, ossia la legge di riforma della governance RAI. Mi sembra utile significare al Parlamento che la consultazione prevista dalla legge di riforma della governance si è svolta, con il nome di « CambieRai »: i risultati sono consultabili, e credo che verificarli sia un esercizio utile per i colleghi parlamentari che ne abbiano il tempo e la voglia. Si trattava di 36 domande predisposte dal Ministero dello sviluppo economico con l’ISTAT; hanno partecipato a tale questionario 9.156 persone: questo è un dato davvero significativo, che credo indichi l’interesse rispetto al servizio pubblico e l’interesse a concorrere nella definizione delle priorità del servizio pubblico. Poi, Presidente, si inserisce con il comma 1-bis, punti 1 e 2, l’applicazione alla concessionaria dei limiti delle retribuzioni pubbliche. Qui si fa riferimento all’articolo 23-bis, commi 5 e 5-bis della legge n. 214 del 2011, e all’articolo 13, comma 1, della legge n. 89 del 2014, che stabiliscono rispettivamente che agli amministratori con deleghe ed al personale delle società pubbliche non possono essere corrisposti compensi superiori al limite di euro 240 mila lordi annui. Qui faccio riferimento, Presidente, anche all’articolo 34, comma 38, della legge n. 221 del 2012, che prevede che le citate disposizioni non si applichino alle società emittenti strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati. La ratio di tale disposizione va ricercata nella necessità di garantire una maggiore flessibilità a quelle società pubbliche caratterizzate da strutture finanziarie particolarmente complesse. Pur non essendo destinatarie delle norme specificamente rivolte alle altre società pubbliche, le società pubbliche quotate sono tenute, secondo quanto specificato dalla direttiva del Ministero dell’economia e delle finanze del 24 Giugno 2013, « ad adottare politiche remunerative nel rispetto delle migliori pratiche internazionali che tengano comunque conto delle performance aziendali, ed assicurino il rispetto di criteri di piena trasparenza e di moderazione dei compensi, alla luce delle condizioni economiche generali del Paese ». Nel bilancio della RAI approvato nel 2015 dall’assemblea degli azionisti si era precisato, a pagina 19, che l’azienda si è adeguata al limite di cui al citato articolo 13, sia per le retribuzioni del presidente e del direttore generale, sia per quelle degli altri dirigenti con retribuzione sopra il tetto limite. In data 20 maggio 2015, la concessionaria pubblica ha tuttavia collocato un bond e il successivo 25 maggio l’assemblea straordinaria della RAI ha approvato una serie di modifiche allo statuto sociale, tra cui quella dell’articolo 11, comma 3, prevedendo che l’assemblea ordinaria possa autorizzare il consiglio di amministrazione ad emettere strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati; disposizione ora contenuta, tra l’altro, in forma testuale all’interno dello statuto. Nel corso del 2015 la RAI ha perfezionato l’emissione di un prestito obbligazionario non convertibile fino a un importo massimo di 350 milioni di euro, in seguito al quale l’azienda si è ritenuta non più vincolata al rispetto dei limiti ai compensi previsti dalla legge, riportando così in vita le retribuzioni superiori ai 240.000 euro lordi annui. Proprio per tale ultima ragione, la Commissione parlamentare di vigilanza RAI, nel suo parere dell’11 novembre 2015 sulle modifiche allo statuto della Rai, ha posto come condizione esclusiva la previsione che la RAI si attenga a quanto stabilito nell’articolo 13, nel determinare il limite massimo delle retribuzioni spettanti agli amministratori con deleghe e ai propri dipendenti. Voglio significare, sempre in termini di pareri parlamentari, che la 5a Commissione (Bilancio) del Senato, nel parere del 20 giugno 2015, relativamente ai tetti stipendiali per quanto riguarda la RAI, indicava che l’applicazione, in quanto autorizzata all’emissione di obbligazioni sui mercati regolamentati, appare poco appropriata alla natura della concessionaria pubblica radiotelevisiva, che si finanzia in maniera determinante con il canone che ha natura di tributo. Presidente, e qui veniamo all’ultimo periodo, il 27 luglio di quest’anno, in audizione in Commissione di vigilanza RAI, su richiesta dei componenti della vigilanza, io ero tra questi, i vertici RAI si sono impegnati a presentare un codice di autoregolamentazione delle retribuzioni, recependo il tetto dei 240.000 euro. Tale codice è stato approvato ieri in consiglio d’amministrazione ed è stato trasmesso alla vigilanza RAI. Per cui in sede di Commissione avremo modo di guardare nel dettaglio questo codice; è stato significato che prevede il tetto di 240.000 euro con una decina di eccezioni. Ora, Presidente, io ho richiamato i diversi aspetti e passaggi di questa vicenda; è evidente che le modifiche introdotte al Senato con il voto di tutta l’Aula risolvono la questione, con l’applicazione, per legge, del tetto. Quindi, da questo punto di vista c’è un punto fermo. In conclusione, Presidente, vorrei anche richiamare, sempre all’articolo 6-bis, che si richiama il fatto che il servizio pubblico – l’1-ter – è affidato in concessione con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ed è approvato l’annesso schema di convenzione che viene trasmesso alla Commissione di vigilanza per il parere. Quindi, questi sono i passaggi di coinvolgimento del Parlamento sul rinnovo della concessio.ne RAI. Peraltro concessione che, sempre con intervento al Senato, è prorogata fino a un limite massimo di novanta giorni dalla data di scadenza, quindi, fino al 31 gennaio del 2017. Ecco, Presidente, io credo che sia utile usare questo tempo per una riflessione sui contenuti di questa convenzione; su cos’è « servizio pubblico » in epoca di convergenza delle piattaforme, di quale può essere il contributo allo sviluppo delle tecnologie digitali e, soprattutto, alla diffusione di una cultura del digitale nel nostro Paese, cosa implica il passaggio, per quanto riguarda l’azienda concessionaria da broadcaster a media company e, soprattutto, quali sono le priorità del servizio pubblico. La consultazione cambierà – a ciò facevo riferimento – e offre molti spunti, da questo punto di vista. Io credo che l’auspicio sia che il Parlamento si eserciti in una discussione di ampio respiro su questi temi e, poi, faccia sentire la propria voce nelle forme che noi con questo provvedimento individuiamo.