Il mio intervento alla Farnesina alla presentazione della guida sul diritto del lavoro in Italia per investitori cinesi
L’“Associazione parlamentare di Amicizia Italia-Cina”, che mi onoro di presiedere in questa Legislatura, venne fondata nel 1970 dal Sen. Vittorino Colombo: da allora, si è costituita in ogni legislatura. È la più antica tra le associazioni di amicizia di iniziativa parlamentare ed è quella che al giorno d’oggi conta i maggior numero di aderenti: raccoglie infatti oltre 220 tra parlamentari ed ex parlamentari, che continuano a collaborare con l’Associazione, garantendo continuità nelle sue attività.
L’Associazione ha avuto all’atto della sua fondazione un ruolo importante nel ristabilimento delle relazioni diplomatiche tra Italia e Cina, come abbiamo voluto ricordare con un volume pubblicato dal Senato che testimonia il carteggio intercorso all’epoca tra le autorità italiane e le autorità cinesi. Queste relazioni stanno ora per celebrare l’importante ricorrenza del 50° anno e la cosiddetta “Road to 50” sarà un percorso condiviso di amicizia e collaborazione che interesserà nei prossimi mesi le agende di entrambi i Paesi.
Vittorino Colombo era stato un lungimirante pioniere dei rapporti bilaterali, presiedendo l’Istituto Italo Cinese per gli Scambi Economici e Culturali e la Camera di Commercio Italiana in Cina, ma ancor di più instaurando rapporti con i massimi dirigenti della Repubblica Popolare Cinese, con lo stesso Deng Xiaoping, che avviò il suo Paese alla “riforma dell’apertura”, all’inizio della modernizzazione di uno Stato che oggi possiamo definire un “Paese indispensabile”.
Negli ultimi cinque anni, in qualità di Presidente dell’Associazione parlamentare di amicizia tra Italia e Cina, ho cercato di favorire il dialogo e la reciproca conoscenza. Lo scenario attuale ci è favorevole, ma le occasioni vanno costruite e colte: nel 2016 il governo cinese ha lanciato il nuovo piano quinquennale il cui orizzonte temporale arriva sino al 2020. Il programma si concentra sullo sviluppo economico e sulla crescita diffusa, caratterizzata da qualità, efficienza e sostenibilità: si tratta di una svolta significativa. Dal punto di vista italiano, per il nostro sistema economico e produttivo, ciò costituisce una sfida cruciale.
Le visite istituzionali italiane in Cina e cinesi in Italia, che si sono avute nel corso degli ultimi cinque anni, testimoniano di un interesse reciproco a rinsaldare ulteriormente il rapporto bilaterale che dal 2004 abbiamo definito di “partenariato strategico”. Ma è ormai indispensabile un “salto di qualità” nelle relazioni bilaterali, sia facendo tesoro dei traguardi raggiunti nel campo dell’interscambio commerciale, sia promuovendo, da un lato, un’ulteriore integrazione economica alimentata da un flusso bidirezionale di investimenti, e, dall’altro, un più solido dialogo politico.
Il fitto scambio di partenariati territoriali, di scambi commerciali, turistici e culturali sta contribuendo a estendere progressivamente la complessiva “superficie di contatto” tra Italia e Cina, e ciò a cominciare dai rapporti “people-to-people”- che i nostri amici cinesi definiscono come “scambi umanistici”.
Avendo ciò a mente, l’Italia ha negli ultimi anni dato priorità all’azione di attrazione in Italia di studenti, imprenditori e turisti cinesi. Cito solo un numero: nel corso del 2014 la rete consolare italiana in Cina ha emesso più di 400.000 visti (erano solo 100.000 nel 2010) collocando l’Italia al primo posto tra i Paesi dell’Unione Europea in termine di visti rilasciati in Cina. Tale politica ha favorito il miglioramento dello standing dell’Italia quale Paese di destinazione del turismo cinese, e ha permesso agli atenei italiani di ricevere un numero crescente di studenti cinesi.
Anche dal mondo cinese degli affari sono giunti riscontri molto positivi. La Cina è già il terzo partner commerciale dell’Italia. Al solido interscambio commerciale, che l’Italia è impegnata a riequilibrare, è stata affiancata una politica di attrazione degli investitori cinesi e un crescente coordinamento del sistema economico italiano in Cina. Il mercato cinese richiede infatti alle imprese italiane una presenza attiva nel territorio e la dimostrazione dell’affidabilità della struttura organizzativa. Le aziende italiane scontano ancora difficoltà legate a un approccio al Paese a volte poco sistematico, cui si cumulano difficoltà specifiche locali come quelle legate a un sistema giuridico ancora non pienamente efficiente, anche sul sensibile fronte della tutela della proprietà intellettuale.
La Cina costituisce un importante approdo per i prodotti italiani: è il primo mercato per quasi tutti i comparti delle tecnologie della produzione; lo sarà sempre di più anche per i beni di consumo, che fanno ancora registrare consistenti tassi di crescita.
Gli sforzi del nostro sistema promozionale sono oggi rivolti, tra l’altro, a far comprendere che siamo anche paese di tecnologie, e che il nostro patrimonio industriale è il frutto di un processo avviato a partire dal secolo scorso, e dispone di una storia e di un DNA radicati nella nostra cultura. Da un punto di vista settoriale la nuova fase di sviluppo dell’industria cinese, mirando alla razionalizzazione e all’ammodernamento produttivo dei comparti tradizionali, offre profili di forte complementarietà alla proposta tecnologica italiana, con la possibilità di più strette partnership tra aziende italiane e cinesi, che possono rivelarsi strategiche per importanti settori produttivi del nostro Paese.
Il nostro Paese, in quanto fulcro del Mediterraneo, costituisce un’area cruciale per Pechino, in quanto terminale d’accesso all’Europa lungo le commerciali terrestre e marittima. Investimenti, commercio e flussi di cittadini cinesi sono destinati ad aumentare, facilitati soprattutto dall’attuazione dell’iniziativa “One Belt one Road”.
L’Italia quindi può trovare grandi spazi esportando in Cina le propria tecnologie nel campo sanitario, ambientale ed energetico; sono stati numerosi i contatti tra i nostri Paesi in questi anni, ho contribuito ad organizzare convegni e occasioni di incontro tra autorità italiane e cinesi, e tra le nostre imprese.
Lo stretto rapporto economico-commerciale non può prescindere dal dialogo culturale, ed anche questo è il senso dell’azione “facilitatrice” della nostra Associazione parlamentare. In questo campo l’Italia ha un forte vantaggio comparativo. Gli italiani sono, agli occhi dei cinesi, i detentori e gli interpreti di una civiltà e di una cultura millenarie in grado di rivaleggiare, per antichità, continuità storica, sofisticatezza e ricchezza, a quella dell’Impero Cinese.
Dato il contesto favorevole, alle intense relazioni economiche si stanno progressivamente affiancando attività capillari di promozione e diffusione della cultura italiana: è sullo sviluppo e il potenziamento di queste attività che si è particolarmente focalizzata la recente politica del nostro Governo. Grazie anche alla nostra azione, sono state gettate le basi per un proficuo scambio culturale, economico e commerciale. Abbiamo progettato il gemellaggio tra i siti UNESCO italiani e cinesi e organizzato convegni per far conoscere in oriente le tecnologie delle imprese italiane.
Il Forum Culturale Italia-Cina si è posto sin dalla sua prima riunione l’obiettivo di costituire una piattaforma di dialogo permanente tra i settori della cultura, dell’arte e delle industrie creative dei due Paesi, quale contributo all’edificazione congiunta di una “nuova via della seta” della conoscenza, della cultura e dello sviluppo sostenibile.
Questi auspici si sono dunque concretati in un’importante iniziativa: è stata riconosciuta l’opportunità di avviare quanto prima, sulla base del principio di una soluzione caso per caso, gemellaggi tra i siti UNESCO italiani e cinesi: si punta ad analogie fra i tessuti territoriali ed economico-produttivi delle aree interessate, con particolare attenzione per le potenzialità di rafforzamento dello sviluppo sostenibile, cercando di privilegiare siti ancora in grado di sostenere un aumento di flusso turistico.
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