Expo, allarme dell’Antimafia: “I ritardi aiutano le cosche”

 

immagine documento(da Il Corriere della Sera)

I ritardi sono un regalo ai mafiosi. La Direzione nazionale antimafia lancia l’allarme per le infiltrazioni della ‘ndrangheta nelle grandi opere legate a Expo 2015. Il richiamo emerge dalla Relazione annuale presentata ieri al Parlamento.
Nelle 726 pagine i magistrati coordinati dal procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, affrontano (e lodano) le misure finora intraprese dalla Procura e dal Viminale contro il rischio di infiltrazioni negli appalti per l’esposizione universale. Tocca al consigliere Alberto Cisterna (a pagina 337) affrontare il tema dei ritardi e le loro conseguenze: «Al momento – scrive il magistrato – in questo ambito non si registrano novità di rilievo per effetto di una sostanziale paralisi delle attività progettuali e realizzative.

V’è il timore che l’approssimarsi delle scadenze imposte dal Bureau di Expo 2015 possano imporre soluzioni accelerate e protocolli d’urgenza che potrebbe seriamente vanificare ogni possibilità di contrasto alle infiltrazioni criminali». Il timore, insomma, è che di fronte alle scadenze si finisca per velocizzare le procedure a scapito delle verifiche antimafia a suon di affidamenti diretti e procedure d’urgenza.

Milano e la Lombardia, del resto, si confermano nella relazione della Dna un territorio di forte presenza mafiosa: «Non solo di infiltrazioni si deve parlare, ma di una vera e propria “colonizzazione” da parte della criminalità di tipo organizzato mafioso nel tessuto sociopolitico ed economico della regione. Il territorio infatti sia per ragioni geografiche che economico-sociali, da tempo è luogo di approdo della criminalità organizzata, sia per le attività illecite sia per quelle all’apparenza “lecite” – ha scritto invece il magistrato Anna Canepa nella sua relazione sul Distretto di Milano -. Quanto emerso era intuibile da almeno 20 anni».

Per la Dna «la criminalità organizzata da tempo in questi territori non tradizionalmente mafiosi si è indirizzata su settori non solo più redditizi, ma più aderenti alle caratteristiche delle nuove generazioni di mafiosi e meno rischiosi in termini di pena». In particolare «i risultati delle indagini della Dda milanese confermano che la vocazione imprenditoriale della criminalità organizzata si realizza sul territorio attraverso un tasso di violenza marginale, privilegiando invece forme di accordo e collaborazione con settori della politica, dell’imprenditoria e della pubblica amministrazione». I settori di interesse mafioso vanno dall’edilizia e il commercio alla grande distribuzione, dall’erogazione del credito, alla ristorazione, all’energia e ai settori turistico-alberghiero, dei giochi e delle scommesse». Interessi coltivati grazie a politici e «faccendieri», il cosiddetto «capitale sociale delle cosche».

Vinicio Peluffo, parlamentare del Pd, è stato tra i politici più impegnati nel cosiddetto «caso Pezzano»: «La relazione della Dna dimostra quanto sia profondo il fenomeno di infiltrazione della ‘ndrangheta e quanto sia correntemente sottovalutato nel dibattito pubblico. Dopo la lettura della relazione nessuno può dire che non sapeva, ognuno è chiamato a ogni livello a comportarsi di conseguenza».