Il mio intervento al convegno “Italia e Cina, conoscersi meglio per crescere insieme” alla Camera dei deputati

  • E’ per me motivo di vivo piacere prendere parte ai lavori di questa iniziativa che ha lo scopo di rendere più efficace gli interventi di sviluppo economico a favore del nostro paese. Vi do anzitutto alcuni cenni della nostra Associazione: essa è stata fondata nel corso della VII Legislatura dall’ex presidente del Senato Vittorino Colombo , subito dopo il riallacciamento dei rapporti diplomatici Italia-Cina, voluto fortemente dall’On. Vittorino Colombo, dall’On. Aldo Moro, Mariano Rumor, e di cui la nostra Associazione è stata l’artefice di quella importante opera. Ne sono testimonianza gli avvenimenti riportati nei documenti dell’Archivio storico del Ministero degli esteri e tradotti in un volume pubblicato dal Senato della Repubblica con la nostra collaborazione e testimonianza.
  • Cosi l’Associazione si è dato uno statuto con il sano principio di essere Autonoma e di non perseguire fini di lucro.
  • Essa svolge un prezioso ruolo di ponte tra le Assemblee parlamentari dell’Italia e della Repubblica Popolare cinese a beneficio del rafforzamento dei legami di amicizia e reciproca conoscenza : dialogo politico ( inclusi i diritti umani), relazioni economiche e commerciali e cooperazione;
  • Promuove incontri e convegni di comune interesse;
  • Crea occasioni di scambio di visite di delegazioni parlamentari italiane con le massime istituzioni cinesi coinvolgendo partner commerciali per individuare i punti di sviluppo con le Regioni di appartenenza.
  • Promuove eventuali istanze da tenere in evidenza nel Comitato governativo Italia-Cina.
  • Favorisce un dialogo attento agli interessi strategici del nostro Paese in Cina, assecondando le necessità di maggiore conoscenza di sfide legate alla dimensione globalizzata della nostra economia da cui dipende il benessere della nostra gente .
  • L’Associazione si muove con l’assistenza del Ministero degli affari esteri, dell’Ambasciata d’Italia in Cina ed è riconosciuta dalle autorità cinesi.
  • Le missioni effettuate dall’Associazione a tutt’oggi sono 42, di cui 7 in Tibet, coinvolgendo 650 parlamentari, di cui molti hanno ricoperto ruoli di Ministro.,
  • Avvalendosi dell’esperienza acquisita nel corso delle loro missioni in Cina e delle successive opportunità con le delegazioni cinese.
  • L’incontro sarà incentrato sui nuovi scenari delle relazioni italo-cinesi in una fase di grandissimo dinamismo dei nostri rapporti: sul piano generale, infatti, il biennio 2014-2015 è stato caratterizzato da un incoraggiante dinamismo: se permane ancora un sensibile squilibrio commerciale, si è assistito ad un repentino e rilevante incremento degli investimenti da parte della Cina nel nostro Paese, per un valore complessivo che ha superato i 14 miliardi di euro.
  • In questa prospettiva i primi effetti delle riforme varate dai governi Monti e Letta (2011-2014), uniti a un’interazione più strutturata con interlocutori cinesi sensibili, e – aspetto decisivo – alla definizione di un chiaro indirizzo politico da parte del premierRenzi, favorevole a un “reale rilancio” del partenariato con la Cina, ha portato alla firma del “Piano d’azione per il rafforzamento della cooperazione economica tra Italia e Cina per il periodo 2014-2016” durante la sua missione in Cina (giugno 2014), e a una successiva Dichiarazione congiunta in occasione della visita del premier cinese Li Keqiang a Roma il successivo 14 ottobre 2014.
  • In appena venticinque anni l’economia cinese è passata dall’undicesima alla seconda posizione mondiale e quasi un terzo degli investimenti globali finiscono nell’ex Celeste Impero. Nel solo primo trimestre 2016, la Cina ha rappresentato ben il 47% dell’aumento mondiale del Pil, aggiungendo più “benzina” all’economia globale di Stati Uniti ed Eurozona messi assieme: la Cina resta quindi indubitabilmente la locomotiva della domanda mondiale.
  • Le prospettive sono ancora più importanti: se ipotizziamo (e si tratta di un calcolo probabilmente per difetto) un aumento delle entrate delle famiglie del 6,5% l’anno tra il 2016 e il 2020, e del 6% tra il 2021 e il 2025, ecco che tra nove anni il 60-80% dei cinesi apparterrà alla classe media.
  • Nel prossimo decennio l’adozione di corrette politiche di sviluppo porteràinfatti a una robusta urbanizzazione (che ridurrà il gap tra città e campagna), a un grande sviluppo tecnologico e a una forza lavoro con un miglior livello di istruzione.
  • Si tratterà di una rivoluzione copernicana per i consumi del Dragoneed a beneficiarne sarà l’export occidentale, finora rimasto in tono minore rispetto alle colossali esportazioni di materie prime provenienti dai Paesi emergenti e dirette verso la Cina.
  • La manifestazione più evidente di questo nuovo approccio della politica estera cinese è rappresentata dal recente varo di una “nuova Via della seta”, iniziativa meglio nota come “OneBelt, One Road”. Questa iniziativa – che allude in un certo senso all’epopea di Marco Polo – si propone di accelerare le sinergie tra la Cina ed i paesi del continente eurasiatico attraverso processi complementari d’integrazione economica sviluppati lungo due direttrici: una continentale – la “cintura” che collega la parte occidentale della Cina all’Europa settentrionale attraverso l’Asia Centrale e il Medio Oriente – ed una marittima, la “Via”, che connette la costa cinese al Mediterraneo tramite l’Oceano Indiano.
  • L’enorme potenziale di questa proiezione dello “smartpower” cinese su vasta scala – fondata su robuste dotazioni finanziarie e sul dinamismo del capitalismo di Stato cinese – si riassume nella previsione di 1.200 miliardi di dollari per investimenti diretti esteri della Cina tra il 2014 e il 2020, di cui la più parte incanalati verso i paesi interessati dalla “OneBelt,One Road” che si aggiungo alla previsione di circa 15.000 miliardi di dollari in importazioni da parte della Cina nello stesso arco temporale: combinazione che Pechino ritiene capace di sostenere la crescita globale e generare circa sette milioni di nuovi posti di lavoro nel mondo.
  • Il percorso tradizionale della via della seta, un vettore di trasmissione commerciale e culturale lungo 6.500 chilometri, giocò un ruolo determinante nell’interazione culturale tra la Cina e il Mar Mediterraneo. Veniva percorsa da commercianti, mercanti, pellegrini, monaci, militari e nomadi ed ebbe un’importanza fondamentale nello sviluppo delle civiltà della Cina, del subcontinente indiano, della Persia, della penisola arabica e dell’Europa.
  • Oltre al commercio di seta, porcellana e tè, la via della seta permetteva infatti anche un “commercio” di matrice culturale: era, per riprendere un concetto elaborato, dal grande storico Fernand Braudel, “un’economia-mondo”, uno spazio economico organizzato in zone complementari e dotato di un centro propulsivo.
  • La nuova ambiziosa iniziativa proposta da Pechino, prevede da un lato la creazione di una “Cintura economica della via della seta” e di una “Via della seta marittima” attraverso gli sforzi internazionali di diversi attori: la chiara allusione all’epopea di Marco Polo, esplicita l’intento di Pechino di accelerare e rafforzare le sinergie tra la Cina ed i paesi del continente eurasiatico attraverso processi complementari d’integrazione economica sviluppati lungo due direttrici: una continentale – una“cintura” che colleghi la parte occidentale della Cina all’Europa settentrionale attraverso l’Asia Centrale e il Medio Oriente – ed una marittima, la “Via” , che partendo dalla regione costiera del Fujian, prosegue per lo stretto di Malacca, Kuala Lumpur, Sri Lanka, Nairobi, Gibuti,per poi arrivare nel Mediterraneo.
  • Sotto il profilo finanziario, la Nuova Via della Seta si è rapidamente dotata di una nuova piattaforma la Banca asiatica per gli investimenti infrastrutturali (AIIB), promossa da Pechino ed alla quale hanno rapidamente aderito numerosi Paesi europei (tra cui l’Italia), per i quali la nuova istituzione finanziaria può rappresentare un’importante porta di accesso a nuove opportunità economiche nel contesto asiatico.
  • L’adesione all’AIIBfaciliterà l’accesso – europeo editalino – al mercato interno cinese e favorirà la partecipazione ai lavori di costruzione infrastrutturale, anche se ai membri non asiatici è concessa una quota azionaria complessiva non superiore al 25%.
  • L’Italia, che in Europa e nel Mediterraneo è completamente immersa, fisicamente, politicamente e culturalmente, è nella migliore posizione per concorrere alla realizzazione delle potenzialità mobilità dal progetto della Via della Seta, poiché rappresenta una cerniera di accesso, geografica ma anche ideale, per l’Europa, il Mediterraneo e l’Occidente.
  • Non a caso Pechino riserva da tempo particolare attenzione alle dinamiche economiche e socio-politiche che interessano il nostro Paese, e non soltanto perché qui risiede la più ampia comunità di origine cinese d’Europa che conserva la nazionalità cinese.
  • L’Italia è infatti uno snodo logistico di eccezionale potenziale nella regione euro-mediterranea, un attore fondamentale per la tenuta dell’area euro – dalla cui stabilità dipende la capacità dell’Unione europea di confermarsi primo mercato al mondo per il Made in China –, e un’economia ricca di asset strategici, tra cui marchi di fama mondiale, know-how tecnologico e infrastrutturale d’avanguardia, e un ampio numero di imprese sotto-capitalizzate ma sane e spesso inserite in posizioni chiave all’interno di filiere redditizie.
  • La cessione ad imprese di Stato cinesi di una significativa partecipazione in CDP Reti da parte della Cassa Depositi e Prestiti, così come della proprietà di una società-simbolo della manifattura italiana quale Pirelli (la più grande acquisizione di una società quotata europea da parte cinese mai avvenuta, per un valore di oltre EUR 7 miliardi) si collocano in questo quadro e dimostrano la salienza della Cina come possibile partner non soltanto finanziario ma anche industriale.
  • L’Italia è conosciuta da decenni nel mondo della produzione manifatturiera cinese anzitutto come esportatore di tecnologia: quasi il 40% delle esportazioni italiane sono tuttora riferibili al settore meccanico, mentre iprodotti per cui l’Italia è più nota al vasto pubblico (moda, lusso, mobili, alimentare) rappresentano meno di un quarto dell’export. In questi settori le esperienze sono diverse. Per i beni di alta e altissima gamma la Cina è ormai un mercato fondamentale, rappresentando – a seconda dei prodotti – dal primo al terzo mercato di sbocco a livello globale.
  • L’evoluzione futura dei rapporti commerciali e delle dinamiche di investimento tra Italia e Cina sarà inevitabilmente condizionata dalla questione della concessione del Market Economy Statusalla Repubblica popolare cinese.
  • Su questo delicato dossier l’Italia sostiene un approccio gradualista – gli amici cinesi direbbero “confuciano” – perché la concessione di questo status deve essere frutto di una valutazione delle condizioni attuali dell’economia cinese, caratterizzata ancora in molti settori da una massiccia presenza dello Stato, che opera in maniera discriminatoria nei confronti delle imprese straniere. Una decisione dell’UE è attesa per il 2016.
  • Bruxelles sta inoltre negoziando con Pechino un BilateralInvestment Agreement con l’obiettivo di definire una cornice normativa omogenea in Europa per l’attrazione e la tutela degli investimenti cinesi, cui corrispondano analoghe garanzie in Cina, in particolare in tema di accesso al mercato.
  • In questo senso, le priorità per l’Italia sono la protezione della proprietà intellettuale, la tutela delle Indicazioni geografiche tipiche, e l’uguale opportunità di accesso alle procedure di concessione degli appalti pubblici. L’accordo sugli investimenti è considerato un test decisivo, che – in caso di esito positivo – potrebbe agevolare un futuro accordo di libero scambio, con l’obiettivo finale di garantire un accesso non discriminatorio al mercato cinese sulla base di un’equa competizione fondata su regole comuni, uniformemente applicate ad aziende cinesi e straniere, sia pubbliche sia private (il cosiddetto level-playingfield).
  • La sfida che devono affrontare oggi gli imprenditori italiani in Cina è molto diversa da quella anche solo di un decennio fa. Se per lungo tempo il paese ha presentato un mercato estremamente competitivo sul fronte dei costi, ma con diffuse carenze infrastrutturali, scarsità di competenze e significativi deficit nel corpus legislativo e nell’implementazione di leggi e regolamenti, oggi, almeno nelle province costiere, le imprese affrontano costi che si avvicinano a quelli dell’Europa orientale, a fronte di infrastrutture, servizi e capitale umano capaci di garantire una produttività molto più elevata.
  • Sul versante italiano, in particolare, da lungo tempo si auspica la costituzione di una funzione di “regia” delle relazioni con la Cina, preferibilmente collocata presso la Presidenza del Consiglio, capace di evitare una certa dispersione di energie e opportunità registrata sin qui a causa della scarsa sistematicità con cui istituzioni e imprese italiane danno seguito agli input provenienti dalle rappresentanze italiane in Cina o direttamente dainterlocutori cinesi.
  • Il Parlamento italiano ha contribuito nel corso di questi anni ad arricchire conoscenza reciproca e cooperazione e a rafforzare la trama delle relazioni bilaterali con Pechino attraverso una varietà d’incontri, che si trova anche una sua sede strutturata nel gruppo di cooperazione promosso dalla Camera dei deputati e dall’Assemblea nazionale del popolo cinese.
  • Il nostro Paese vive oggi una stagione decisiva di rinnovamento istituzionale, che servirà a rendere più forte non solo la democrazia repubblicana, ma anche la proiezione del Sistema Italia sulla scena internazionale, in un contesto geopolitico profondamente mutato rispetto a quello che caratterizzò la fase costituente, garantendo meccanismi decisionali più snelli e più condivisi dai diversi livelli di governance.
  • L’Italia non può permettersi di mancare questa straordinaria opportunità.