“Vinicio Peluffo (Pd): Trasformare la Rai da broadcaster a media company”

(IL VELINO) – Il capogruppo del Pd in commissione parlamentare di Vigilanza Rai illustra, in una conversazione col Velino, quali sono le poste in gioco strategiche del futuro della Rai, e chiarisce i passaggi che hanno portato allo sciopero “a metà” dell’11 giugno, indetto e mantenuto da Cgil e Uil, ma annullato da Usigrai, il sindacato dei giornalisti Rai, e dal sindacato dei dirigenti.  

Onorevole Peluffo, la questione Rai torna ciclicamente al centro dell’attenzione, per una ragione o per l’altra. “Continua ad esserci un campo vasto di chi è interessato a un servizio pubblico autorevole. Credo, tuttavia, che ora sia forte la consapevolezza di tanti soggetti, politici e culturali, che mantenerlo in vita significa cambiarlo. Il tentativo di revisione della sua spesa è un’occasione per la Rai per produrre efficienze finanziarie e per liberare risorse per il capitale umano. La posizione del governo, con il decreto Irpef, è una di quelle occasioni per ripensare il modello Rai. Io penso che sia giunto finalmente il momento di proporre una trasformazione strategica della Rai, accelerando il passaggio da broadcaster, cioè da produttore di contenuti televisivi, a media company, a grande società che elabora contenuti per un insieme di media moderni, interattivi, convergenti”.

Ma esistono forti sacche di conservazione, dentro e fuori l’azienda di servizio pubblico, rispetto a questa direzione del cambiamento. “Dobbiamo vincere la sfida del cambiamento della Rai, portando avanti con determinazione e coraggio un progetto strategico per il futuro. Io ho maturato un’idea personale di trasformazione della Rai in media company, ma ovviamente sono disponibile al confronto. Anzi, è urgente che si apra un dibattito pubblico sul futuro dell’azienda. Penso ad un intenso dibattito pubblico come quello che si apre in Gran Bretagna in occasione del rinnovo della Concessione per la BBC. Per questo, vedo con molto favore la decisione del sottosegretario Giacomelli di anticipare l’approvazione della nuova Concessione Rai, dopo aver aperto una vasta consultazione con i soggetti pubblici e privati”.

Nei fatti, dunque, è il governo Renzi che anche sulla Rai provoca il dibattito e assume iniziative. “Penso di sì. Vorrei fare un po’ di chiarezza su quanto è accaduto nelle scorse settimane a proposito del decreto Irpef che introduce una ipotesi di revisione della spesa Rai, e di molte altre società partecipate. Il governo fu sentito dalla commissione di Vigilanza due settimane fa sugli articoli 20 e 21 del decreto Irpef che interessano la Rai. In quella occasione, fu l’estensore del decreto, il sottosegretario Enrico Morando, che volle confrontarsi con i commissari parlamentari. Sull’art. 20, Morando si impegnò a esentare la Rai dai tagli previsti per il 2014 e il 2015 per le società partecipate. E sull’articolo 21, confermò la necessità di dismettere parte delle quote di minoranza di Raiway e di razionalizzare le sedi regionali. Faccio chiarezza su questi punti, perchè i 150 milioni di euro di revisione della spesa Rai trovano qui una loro precisa ragion d’essere. Su Raiway: la cessione di quote di minoranza sono una buona operazione se vista nell’ambito di un intervento sistemico di nuove sinergie tra torri, o reti di trasmissione, e contenuti, nell’epoca della convergenza, come avviene in altri paesi. Sulle sedi regionali: l’ipotesi non era quella di chiuderle, ma di razionalizzarle, in modo da contenere le spese superflue. Non è che si cancella la redazione giornalistica della Basilicata, per esempio, che ha contenuti informativi originali, ma si cerca di dare organizzazione razionale ad altri settori amministrativi di quelle sedi. Insomma, da parte del governo c’è stata la volontà di rivedere alcuni difetti del decreto, e di intervenire”.

Per questa ragione, lo sciopero dell’Usigrai e dei dirigenti è stato annullato, mentre resta l’agitazione indetta per il prossimo 11 giugno da Cgil e Uil? “In realtà, sono venute meno alcune delle rivendicazioni importanti sollevate dai sindacati interni della Rai. Mi auguro che lo sciopero indetto da Cgil e Uil non si trasformi in un conflitto simbolico per questioni politiche di più ampia portata, che hanno a che fare più col rapporto tra sindacati e governo che con questioni interne. Temo che sulla Rai possa giocarsi una partita che oltrepassa le questioni specifiche del servizio pubblico. Penso che sia meglio evitare questo rischio da parte di tutti, e lancio, se possibile un appello a Cgil e Uil di tornare sui propri passi, rinviando lo sciopero”.
Tuttavia, esiste in Rai un enorme problema legato all’ambiente di lavoro e ai lavoratori. Una buona percentuale di lavoratori Rai sopravvive ancora grazie a contratti atipici, mentre molte produzioni vengono affidate all’esterno dell’azienda. “La commissione parlamentare di Vigilanza, nel suo complesso, ha sollevato a più riprese la questione spinosa dell’eccesso di esternalizzazione della produzione Rai. Torneremo a parlarne e a indagare. Sui lavoratori precari: ho scritto un’interpellanza chiedendo perchè si è interrotto il percorso di graduale assunzione di personale con contratto atipico da molti anni, che ha presentato e vinto un ricorso dinanzi al Tribunale del lavoro. Mi è stato risposto dai vertici dell’azienda che sarebbe stato ripreso quanto prima. Siamo ovviamente consapevoli che il problema esiste e va risolto presto e bene”.